Aspetti di Filosofia e Medicina Tradizionale Cinese

L’osservazione della natura mutevole alla base della Medicina Cinese

Gli antichi Cinesi, vivendo a contatto diretto con la natura, avevano una profonda comprensione del suo aspetto mutevole. Attraverso l’osservazione dei pianeti e delle quattro stagioni, questi popoli comprendevano in questo modo che l’umanità rispondeva a fenomeni ciclici naturali – giornalieri, mensili, stagionali, dell’arco della vita – e così hanno realizzato l’influenza elementare contenuta in ogni aspetto della vita: la trasformazione.

Due libri classici cinesi, l’I Ching (Il Libro dei Mutamenti) e l’Huangdi Nei Jing (Il Canone di Medicina Interna dell’Imperatore, diviso in due tomi: Su Wen o “Domande semplici” e Ling Shu o “Perno spirituale”), mettono in evidenza il cambiamento come il loro tema centrale.

L’I Ching, considerato il primo dei testi classici sin dalla nascita dell’Impero Cinese (II secolo a.C.), presenta la vita come un trasformazione continua, e provvede orientamento e consiglio di come vivere in armonia con il mutamento.

Anche il Nei Jing, risalente a più di 2500 anni fa, considerato il più antico dei testi medici cinesi, e fonte dell’intera teoria medica cinese (equivalente al Corpus Hippocraticum dell’Occidente), enfatizza l’aspetto essenziale del cambiamento.

medicina filosofia cineseNella Medicina Tradizionale Cinese (MTC), medicina e guarigione possono essere considerate, in realtà, filosofia applicata. Originariamente, le filosofie erano semplici considerazioni della natura; nel tempo, esse si sono allargate e sviluppate in teorie complesse e principi elaborati che sarebbero stati, poi, applicati in pratica a ogni ambito della cultura cinese.

La filosofia cinese è basata sull’esperienza diretta della natura, e da questa esperienza si sono organizzati i modelli filosofici, riflettendo così le diverse realtà della vita. I modelli, e le idee filosofiche all’interno di questi, vengono applicati al corpo umano e alla sua guarigione, attuando, appunto, filosofia applicata.

A nostro parere, forse il libro fondamentale da considerare, se si voglia comprendere meglio le fondamenta del pensiero cinese su cui si basa, poi, la medicina cinese, è il Tao Te Ching (Il Classico della Via e della Virtù), scritto intorno al VI sec. a.C. dal saggio Lao Tzu, il quale sintetizza, in 81 brevi capitoli, le profonde conoscenze sul Tao.

Il Tao e il Mondo dei Fenomeni

“La conoscenza degli antichi era perfetta, così perfetta che essi non sapevano dell’esistenza delle cose. Poi seppero dell’esistenza delle cose, ma non facevano distinzioni tra di esse. Poi fecero distinzioni, ma non esprimevano giudizi. Quando iniziarono a esprimere giudizi, il TAO andò perduto.[1]”

Per l’antica filosofia cinese, tutta la realtà che ci circonda è energia in costante movimento e mutazione. Questo concetto, con cui il mondo occidentale ha avuto modo di familiarizzare dopo l’enunciazione della Teoria della Relatività di Einstein[2], e che stabilì il principio di equivalenza tra materia ed energia, affermando che la massa non è altro che energia condensata, era per i Cinesi una realtà intuitiva, frutto dell’osservazione dei fenomeni naturali del cosmo; tutto è energia e tutto quello che avviene nell’universo come nell’uomo, dipende dalle sue trasformazioni, principio ribadito anche nel libro Nei Jing: “il Qi è la causa di tutto”.

Nel cap. I (Delinea il Tao), del Tao Te Ching, si legge:

Il Tao che può essere detto non è l’eterno Tao,

il nome che può essere nominato non è l’eterno nome.

Senza nome è il principio del Cielo e della Terra,

quando ha nome è la madre delle diecimila creature.(…)

Lao TzuL’antica tradizione del Tao affermava l’esistenza di una realtà ultima, soggiacente alla molteplicità delle cose e degli eventi che li unifica: una realtà onnicomprensiva, ineffabile, universale, definita appunto “Tao”, “il quale vive prima del Cielo e della Terra”. Il Tao corrisponde al flusso della vita, all’ordine della natura, e manifesta un equilibrio dinamico, un processo cosmico nel quale tutte le cose sono immerse, in cui il mondo è visto come un mutamento ininterrotto.

Nel Tao, l’universo in continuo cambiamento è una vasta armonia, che abbraccia tutte le cose. Il suo movimento è risultato non di una causa primaria o un creatore, ma di una dinamica e di modelli ciclici. Flusso e cambiamento descrivono le caratteristiche essenziali della natura, e in essi si ripetono degli schemi fissi osservabili dall’uomo.

Per i Cinesi, non c’è la necessità di ricercare la causa primaria dell’universo, perché per coloro i fenomeni avvengono indipendentemente da un’azione esterna. Il cosmo è un tutto integrale, una rete di cose ed eventi interrelati. All’interno di questa rete di relazioni e scambi, qualsiasi entità può essere definita solo dalla sua funzione, e ha significato solo come parte di un modello integrale. Questa enfasi nella comprensione dei modelli è inerente al pensiero cinese e risulta in parte dal Tao, la cui preoccupazione è la comprensione dei fenomeni della rete, no del suo tessitore[3].

Il Tao è aldilà del tempo, dello spazio e del linguaggio; il linguaggio è legato al tempo e diviso nelle sue stesse categorie, per questo possiede passato, presente, futuro; è una creazione della mente, come anche il tempo. Il filosofo Wittgenstein riconobbe la limitazione del linguaggio, il quale è utile solo a spiegare il fenomeno. Di seguito, tenteremo di interpretare il significato generale del cap. XLII (Le trasformazioni del Tao):

Il Tao generò l’Uno, l’Uno generò il Due,

il Due generò il Tre, il Tre generò le diecimila creature.

Le creature voltano le spalle allo Yin

e volgono il volto allo Yang,

il Qi infuso le rende armoniose (…)

  • Il Tao generò l’Uno

Il concetto del Tao propone un’interpretazione agli interrogativi, non solo filosofici, ma anche scientifici, da sempre indirizzato alla ricerca di una “costante”, una “legge”, quale fondamento di ogni altro indirizzo del sapere scientifico. Si potrebbe affermare anche che il Tao è vero ma non reale – la realtà è di appannaggio del mondo fenomenico, la quale apparentemente sembra trascendere il dualismo noumeno-fenomeno. Il fenomeno esiste perché vi è la sua controparte, il noumeno. Ergo anch’esso appartiene al mondo duale e dell’impermanenza, perché tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Il Tao appartiene, invece, al piano della verità ed è non-duale, lo contiene ma non è il duale. Appartenendo al piano non-duale, esso è senza attributi, quindi trascende qualunque descrizione umana, e coinvolge il noumeno, il fenomeno, l’uno, il due, il tre e le diecimila creature.

009Da un punto di vista matematico, l’essenza del Tao corrisponde allo zero, che contiene in sé il + e – infinito; da un punto di vista filosofico, è più corretto dire che lo Zero corrisponde all’Uno, il Due al Tre e così via. In effetti, questo “Uno metafisico”, o principio primo (Hunyuan Qi o Qi primordiale), è al di là da ogni possibile attribuzione, matematica e non. Per il Tao, l’universo è un semplice fenomeno del maya[4], proiettato sullo schermo individuale o universale dalla potenza proiettiva della “mente”. Come affermò il fisico Erwin Schrödinger:

…ci hanno detto che vi è un albero là fuori dalla mia finestra ma io non vedo in realtà l’albero. Per mezzo di un qualche sottile procedimento di cui solo i tratti iniziali relativamente semplici sono stati esplorati l’albero reale proietta un’immagine di se stesso nella mia coscienza e questo è ciò che io percepisco. Se voi siete al mio fianco e guardate lo stesso albero quest’ultimo riesce a proiettare un’immagine anche nella vostra anima. Io vedo il mio albero e voi vedete il vostro (notevolmente simile al mio) ma ciò che è l’albero in se stesso noi non lo sappiamo.[5]

00ppL’universo è in perenne trasformazione, e la finalità del Tao è trovare in tutto ciò che appare e non permane, la Verità, il perennemente costante, l’universale, poiché l’essere – il Tao – è ciò che è, da un punto di vista metafisico; la questione della dualità (il divenire: la manifestazione del fenomeno in questo piano di coscienza) non si pone neanche, poiché non ci può essere contrapposizione nell’unità.

Il Tao non può muoversi da un posto o stato all’altro, non può possedere la nozione di reale e non reale. Se il campo-universo che ci circonda e la nostra stessa dimensione esistenziale separata sono duali, quindi relativi, allora come afferma Max Planck, premio Nobel per la fisica: “ciò che è relativo (duale) presuppone qualcosa di assoluto e ha significato solo quando è confrontato con l’assoluto.” Se la dualità-molteplicità non fa altro che condurci nel conflitto, allora “il nostro compito è di trovare in tutti questi fattori e dati l’Assoluto (il Tao), l’universalmente valido, l’invariante che vien nascosto.[6]”

Infine, facendo un parallelo con la saggezza occidentale, possiamo citare una frase de Il libro dei ventiquattro filosofi, che esprime quello che in Oriente corrisponde al Tao: “Dio è una sfera infinita, il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo.”

  • L’uno generò il Due

L’Uno poi si differenzia e produce il Due: Ying eYang. I Soffi Yang leggeri si elevano e formano il Cieli (parte razionale, psichica, spirituale); i Soffi Yin pesanti formano la Terra (struttura corporea). Tra Cielo e Terra si apre uno spazio intermedio, dove vive l’uomo, frutto dell’armonizzazione dei loro Soffi.

Tao medicina cineseNel cap. XL del Tao Te Ching si legge: “Il ritorno è il movimento del Tao”; cioè significa che tutti i processi presentano configurazioni cicliche, di espansione e contrazione, concretizzandosi nelle polarità opposte Yin-Yang.

Nella concezione cinese, infatti, tutte le manifestazioni del Tao sono generate dall’interazione dinamica di queste forze polari. Tuttavia, a un livello fondamentale della realtà, questi opposti si trovano implicitamente in un unico principio, due aspetti diversi della medesima sostanza, dalla quale, per opposizione reciproca, sorgono tutti gli oggetti e fenomeni. Da Yin-Yang sorge la dualità spazio/tempo, e da lì sorgono tutte le cose materiali e immateriali: il Tre.

  • Il Due generò il Tre

Il Tre simboleggia il Cielo (Tian), la Terra (Di), l’Uomo (Ren) oppure Jing, Qi e Shen. Dal Tre sorgono gli infiniti cosmi fisici e non, l’organizzazione dell’universo, cioè il macrocosmo – Tian.

05Tian, tra le altre cose, ha a che fare con queste tre idee-base:

  1. Uomo e natura sono un’unità organica,
  2. Uomo e società sono un’unità organica,
  3. Il corpo umano costituisce un’unità organica.

Infine “il Tre generò le diecimila creature”, cioè, tutto ciò che esiste nel Cielo e in Terra. Secondo il Tao Te Ching “L’Uomo si conforma alla Terra, la Terra si conforma al Cielo, il Cielo si conforma al Tao…” L’Uomo riceve dal Cielo le energie cosmiche, Qi e gli Shen, che costituiscono il suo aspetto psichico, mentale e spirituale; la Terra è invece dispensatrice delle essenze Jing, responsabili della forma del corpo, del sangue e dei liquidi circolanti. Lao Tzu formulò la seguente comprensione della natura della realtà (cap. XXII, L’umiltà che eleva):

                                             Se ti pieghi ti conservi, se ti curvi ti raddrizzi,

se t’incavi ti riempi, se ti logori ti rinnovi,

se miri al poco ottieni, se miri al molto resti deluso.

Per questo il santo preserva l’Uno e diviene modello al mondo.(…)

medicina cinese trasformazioneIn generale, i Cinesi si oppongono in stabilire forme fisse o stabili, poiché per essi le uniche costanti sono cambiamento e trasformazione: le cose possono simultaneamente essere e non essere – Yin e Yang sono implicati reciprocamente.

Il principio cardine è che l’uomo è inserito nei movimenti naturali dell’energia dell’universo, in stretta connessione con l’ambiente che lo circonda e con cui esiste un incessante scambio di energia.

A proposito, lo storico della scienza cinese, Joseph Needham scrisse:

“D’accordo con il carattere del pensiero cinese, l’organismo umano non è né puramente spirituale né puramente materiale. Non è una macchina con un singolo deus all’interno, che potrebbe andare fuori e sopravvivere da qualche altra parte; e per qualsiasi continuità riconoscibile d’identità le sue parti non sono separabili… L’immortalità Taoista inevitabilmente coinvolse elementi di materialità, essa doveva essere una continuità all’interno di questo mondo… poiché nessun altro, puramente ‘spirituale’, era concepibile… la linea disegnata tra spirito e materia in tutto il pensiero cinese peculiare era estremamente vago. E’ difficile delineare i confini tra religione e medicina.[7]” 

medicina cinese dinamismo

Il Tao, come realtà ultima, può essere compreso solo in un contesto di interconnessione e dinamismo. L’enfasi su cambiamenti e interconnessioni prende un carattere specifico nell’ambito della medicina cinese. Ad esempio, piuttosto di definire separatamente diagnosi, raccolta dei segni e sintomi etc., loro lo designano come uno schema – modello o schema traducono meglio diagnosi. Un segno in sé non significa niente, e acquisisce significato solo in relazione ad altri segni dell’individuo. Il significato che prende in un contesto non è necessariamente lo stesso in altro contesto.

008Per la medicina cinese, un modello (o diagnosi) è principalmente una categoria emblematica che permette lo scambio di parole, ma non cerca di classificare individui, e non esiste come una “verità” astratta indipendente del paziente. L’antropologa Judith Farquhar notò, in altri domini della MTC, che tali dichiarazioni “funzionano come risorse allegoriche per il ragionamento clinico.” La descrizione schematica ha significato nella pratica, non come un’entità fissa. Il medico cinese cerca di codificare osservazioni complesse che devono essere applicate nella pratica terapeutica, nel tentativo di afferrare ciò che è impalpabile.

Infine, se paragoniamo due visioni di mondo diverse, applicate alla scienza medica, vediamo che la “differenza tra un mondo di oggetti fissi e un mondo di effetti trasformativi è responsabile delle molte difficoltà incontrate dai moderni che cercano di capire la medicina cinese. Presupposti sulla natura dell’essere non possono esse ‘provate’ (…). Come il mondo inerte solido delle tradizioni della scienza naturale moderna, il mondo trasformativo e processuale della medicina cinese sembra esistere prima di ogni argomento, osservazione e intervento. Forse (…) i lettori occidentali devono riconoscere che le ‘loro’ (riferito ai Cinesi) astrazioni su tali cose fanno tanto senso quanto le ‘nostre’.[8]

 

Giovanni Turchetti

[1] Menzionato nel testo filosofico Chuang Tzu, che prende il nome dal suo autore (circa 369 a.C.– 286 a.C.), filosofo e mistico cinese, considerato tra i fondatori del Taoismo.

[2] Uno dei principali contributi di Einstein è l’aver compreso che la massa non è altro che una forma di energia, secondo la relazione E=mc² (c è la velocità della luce). In fisica, l’energia è sempre associata a un processo che, pur cambiando forma, si conserva. La teoria della relatività afferma, che la massa è energia, e non solo può assumere le varie forme note nella fisica classica, ma può anche essere contenuta nella massa di un oggetto.

[3] Kaptchuk, T.J., The web that has no weaver. McGraw-Hill, New York, 2000, p.15

[4] Secondo gli antichi Veda, maya significa “non-conoscenza, inganno”, è uno stato d’illusione legato al basso livello di coscienza dell’uomo. La natura stessa è maya, nel senso che il mondo fisico soggiace a un’unica legge universale – il principio della dualità – mentre Dio è Unità Assoluta, sebbene agli occhi umani appaia sotto le vesti di manifestazioni multiple e indipendenti. Il mondo fenomenico è sotto il dominio della polarità; le leggi fisiche e chimiche presentano principi opposti. Il mondo di maya offre il materiale e la struttura stessa della creazione, e rimane in un perpetuo fluttuare nell’illusione della polarità e frammentazione dei fenomeni, incapace di raggiungere l’ultima conoscenza, l’Uno, il quale può essere colto solo elevando il proprio livello di consapevolezza (sollevando il ‘velo di maya’, come scrisse A. Schopenhauer).

[5] Schrödinger, E., What Is Life? with Mind and Matter and Autobiographical Sketches, Cambridge University Press, 1992

[6] Planck, P., Autobiografia scientifica e ultimi saggi, Einaudi, 1956

[7] Citato in Kaptchuk, p.74

[8] Farquhar, J., Knowing practice: the clinical encounter of Chinese medicine, p. 26, citato in Kaptchuk, p.67

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