Meccanismi d’Azione dell’Allostasi

La regolazione dell’Allostasi coinvolge tre sistemi del corpo:

Sistema Nervoso Centrale (in particolar modo il sistema nervoso autonomo), sistema endocrinosistema immunitario (Carrasco e Van de Kar, 2003).

Questi sistemi utilizzano neurotrasmettitori e ormoni per la comunicazione e regolazione dell’Allostasi.

Punto centrale della risposta adattativa è l’asse ipotalamo-pituitario-surrene (HPA), formato dall’ipotalamo e dalla ghiandola pituitaria nel cervello e dalle ghiandole surrenali; questi organi in concerto con il sistema nervoso autonomo e il sistema immunitario, comunicano attraverso messaggeri ormonali che viaggiano attraverso i tessuti e il flusso sanguigno, e formano ciò che viene conosciuto come il sistema dello stress (Chrousos e Gold, 1992).

I mediatori chimici primari dell’asse HPA sono: fattori di rilascio della corticotropina (CRF) dall’ipotalamo; glucocorticoidi e mineralcorticoidi (cortisolo e aldosterone) dalla corteccia surrenale; catecolamine (epinefrine e norepinefrine) dal midollo surrenale e citochine (interleuchine) dai macrofagi e leucociti (Chrousos, 1998; Habib et al., 2001; Mann, 2003).

stressors asse HPA

Altri mediatori chimici che hanno un ruolo nello stress sono: vasopressina, serotonina, polipeptide vasoattivo intestinale, neuropeptide Y, sostanza P, colecistochinina e estrogeni (Carrasco e Van de Kar, 2003). I mediatori e gli effettori del sistema di risposta allo stress influenzano profondamente la riproduzione, la crescita e l’immunità (Chrousos e Gold, 1992). All’interno dei complessi sistemi coinvolti nell’Allostasi, vi sono una miriade di altre cascate neuronali, endocrine e immunitarie.

Nuovi protagonisti nel ruolo dell’adattamento allo stress che sono stati proposti includono: serotonina (Lowry, 2002), dopamina, coinvolta nei meccanismi di ricompensa/motivazione (Helm et al., 2003), ossido nitrico (Massod et al., 2003; Albrecht et al., 2003), colecistochinina (Abelson e Young, 2003) e ormoni delle gonadi (progesterone e estrogene) (McEwen e Wingfield, 2002).

Il sistema di regolazione dello stress può essere pensato come un interruttore acceso/spento, dove il rilascio di ormoni dà avvio ad una cascata di altri comunicatori chimici, insieme ad un sistema di feedback per spegnere il loro rilascio continuato (Panossian et al., 1999). Un’ulteriore caratteristica della regolazione è la soppressione protettiva dei sistemi, tipo quella del sistema immunitario, in risposta ad un eccesso di cortisolo (Carrasco e Van de Kar, 2003).

Quando l’organismo percepisce un importante cambiamento che richiede una risposta, il primo a sistema a rispondere è il sistema nervoso autonomo, inviando messaggi all’ipotalamo. Esso, a sua volta, rilascia CRF, che viene ripreso dalla ghiandola pituitaria, stimolandola a rilasciare ACTH nel flusso sanguigno. L’ACTH stimola la produzione e il rilascio di norepinefrina e glucocorticoidi, in particolar modo il cortisolo, dalle ghiandole surrenali.

Norepinefrina (NE) e cortisolo stimolano il rilascio di glucosio dai magazzini dell’organismo, il quale provvede l’energia necessaria per affrontare il pericolo o per scappare da esso. Una volta che il pericolo è scampato, i mediatori ritornano alla linea di partenza, a causa del feedback negativo sull’asse HPA (McEwen, 2002; Carrasco e Van de Kar, 2003).

processo allostaticoQuindi, i neurotrasmettitori e i mediatori degli ormoni proteggono l’organismo e provvedono il processo allostatico, che è accompagnato dal processo omeostatico per mantenere l’equilibrio (Schulkin, 2003).

Come suddetto, il rilascio degli ormoni dello stress comporta un sistema di feedback negativo, in modo da inibire un rilascio continuato. Cortisolo e citochine creano una risposta infiammatoria, la quale allarma il sistema immunitario stimolandolo all’azione. Tuttavia, un’infiammazione cronica può danneggiare i tessuti. Il sistema di feedback negativo reprimerà temporaneamente il sistema immunitario per proteggere l’organismo; il lato negativo è che l’immunità, in questa fase, diventa vulnerabile ad attacchi patogeni.

Mentre meccanismi protettivi a breve termine sono favorevoli, stress continuati che comportano il rilascio di neurotrasmettitori e ormoni possono causare il fallimento di questi meccanismi, portando ad una sregolazione di questi mediatori (McEwen e Wingfield, 2002; McEwen, 2003). Quando questa sregolazione è costante, essa può portare allo sviluppo di varie patologie, comprese le condizioni autoimmuni (Sapolsky, 1986; Grammatopoulos e Chrousos, 2002).

 

Stato Allostatico

Lo stato Allostatico si riferisce a dei livelli di attività alterati e sostenuti dei mediatori primari, ad es., i glucocorticosteroidi, che integrano la fisiologia e i relativi comportamenti, in risposta a cambiamenti ambientali e a sfide come le interazioni sociali, meteo, malattie, predatori, inquinamento ecc.

Lo stato Allostatico può essere prolungato per periodi limitati, se l’assunzione di cibo e/o energia immagazzinata come grasso, può rifornire i meccanismi omeostatici. Per esempio, orsi e altri animali in letargo si preparano per l’inverno e si sovra-alimentano (iperfagia), come parte del normale ciclo di vita, e in un momento ben preciso (estate e autunno), cioè quando le risorse alimentari possono sostenerli. Al contrario, un’iperfagia facoltativa, in risposta alle perturbazioni ambientali (imminenti temporali o aumentata pressione predatoria), potrebbe non essere sempre supportata da risorse locali.

Se lo squilibrio continua per periodi più lunghi, e diventa incoerente nel mantenere adeguate riserve di energia, ecco che si manifestano i sintomi di un sovraccarico allostatico.

 

Effetti dello Stress Cumulativo: Carico e Sovraccarico Allostatico

 a)  Carico Allostatico

Nel mondo animale, il risultato cumulativo dello stato Allostatico (ad es., deposizione facoltativa di grasso in un animale, in risposta ad un inaspettato cambiamento ambientale) viene denominato carico Allostatico (McEwen e Stellar, 1993), descritto anche come un logorio cumulativo. Esso può essere considerato il risultato dei cambiamenti giornalieri e stagionali di migrare, fare la muta, procreare ecc. Entro certi limiti, sono risposte adattative a richieste stagionali od altro, causate non solo da cambiamenti funzionali, ma anche da ripetute fluttuazioni dei vari sistemi fisiologici e/o da un’esposizione prolungata  a elevati livelli di attività fisiologica.

Il Carico Allostatico rappresenta la visione multi-sistemica, cumulativa, del “pedaggio” fisiologico, che può essere riscosso sul corpo, attraverso i vari tentativi di adattamento. Un organismo deve poter variare tutti i parametri del suo milieu interno e combaciarli appropriatamente con le richieste ambientali. Tuttavia, se si sovrappongono ulteriori carichi di eventi imprevedibili nell’ambiente, come malattie, intrusioni e disturbi umani, interazioni sociali ecc., allora il carico allostatico può aumentare drammaticamente, risultando in sistemi allostatici cronici, ergo reiterati nel tempo, da ipo o iper-attività.

b)  Sovraccarico Allostatico

In risposta all’aumento del carico allostatico, ci possono essere due esiti diversi:

 

  • Sovraccarico Allostatico di Tipo 1

Si verifica quando la richiesta di energia supera l’energia di entrata (la domanda supera l’offerta), comprendente anche quelle già immagazzinate. Per esempio, in primavera, uccelli nel periodo di accoppiamento si nutrono abbondantemente per rinvigorirsi. In caso di condizioni meteo avverse, in aggiunta alle esigenze di accoppiamento, aumenta anche il prezzo del mantenimento dell’Omeostasi, e nello stesso tempo si riduce il cibo a disposizione per rifornire il carico allostatico; quindi ecco avvenire un negativo bilancio energetico, comportando una perdita della massa corporea e la soppressione della riproduzione. Un altro esempio è il movimento di massa di uccelli marine alle isole, di fronte ad una violenta tempesta che limita l’accesso al cibo. Il maggiore carico Allostatico per fronteggiare la tempesta, di fronte alla riduzione delle entrate energetiche, determina il primo tipo di sovraccarico Allostatico.

 

  • Sovraccarico Allostatico di Tipo 2

Accade quando le richieste di energia non sono maggiori delle entrate energetiche, e l’organismo continua a immagazzinare il più possibile energia di quanto gli necessiti. Questo può essere il risultato dello stress (legato al consumo di cibo, la scelta di cibi calorici e grassi), oppure squilibri metabolici (stato pre-diabete) che favoriscono il deposito di grasso. Ci sono altre modifiche cumulative in altri sistemi, tali come: rimodellamento neuronale o perdita dell’ippocampo, placche aterosclerotiche, ipertrofia ventricolare sinistra del cuore, emoglobina glicosilata e altre proteine da prodotti finali di avanzata glicosilazione, come misura di una reiterata iperglicemia.

Possono anche verificarsi in alti livelli di colesterolo con basso HDL, dolore cronico, fatica cronica, ad es. nell’artrite e nella psoriasi, associate ad uno squilibrio immunitario dei mediatori. In questo modo, è possibile distinguere tra carico allostatico nel normale ciclo di vita (che integra gli eventi imprevedibili) e sovraccarico allostatico, il quale supera la capacità dell’individuo di far fronte alle avversità, indipendentemente  se del tipo 1 o 2 sopra descritti. Questo è particolarmente grave se il sovraccarico è permanente, come nel caso di lesioni severe e traumi, malattie e alcuni stili di vita. Tutti questi sono risultati secondari, che possono essere misurati e associati con un aumentato rischio di malattia.

Risposta allo Stress e Carico Allostatico: Parametri e Indici Fisiologici [1]

Lo stress cronico può portare all’insorgenza di malattie, nella quale esiste una costante deviazione dai parametri fisiologici regolari.

stress cronico stressor

L’Allostasi rappresenta un ampio fenomeno sistemico. E’ da notare che i sistemi neurali coinvolti nel controllo dell’Allostasi sono gli stessi che regolano lo stress patologico delle malattie, proprio a causa dell’interconnessione dei circuiti neurali.

Patologie da Carico Allostatico, derivanti da una sregolazione di uno qualsiasi di questi sistemi neurali, si tradurrà anche in un vulnerabilità ad altre patologie allostatiche. L’amigdala estesa (una struttura mista del telencefalo) è parte integrante di tutti questi circuiti, ed è ben posizionata per guidare la risposta allo stress dal SNC.

Di seguito, riportiamo dei parametri e indici fisiologici per valutare il carico allostatico, nonché le conseguenze e condizioni, a lungo termine, di un sovraccarico allostatico.

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Parametri per valutare il Carico Allostatico:

–       Pressione sanguigna sistolica e diastolica (indici dell’attività cardiovascolare).

–       Misurazione del giro vita (indice di un deposito metabolico/lipidico a lungo termine).

–       Livelli di HDL e di colesterolo totale nel siero (indici di rischio arteriosclerotico).

–       Livelli plasmastici dell’emoglobina glicosilata (indice del metabolismo del glucosio).

–       Livelli sierici di deidroepiandrosterone solfato (indice dell’inibitore/antagonista dell’Asse HPA)

–       Livelli di escrezione del cortisolo nell’urina nelle 12 ore (indice di attività integrata dell’Asse HPA nelle 12 ore).

–       Livelli di escrezione di norepinefrina ed epinefrina nell’urina nelle 12 ore (indice dell’attività integrata del SAS nelle 12 ore).

 

Indici fisiologici elevati che rappresentano fattori di rischio, dovuti ad un Sovraccarico Allostatico:

–       Pressione sistolica a rischio: > 148mmHg

–       Pressione diastolica a rischio: > 83mmHg

–       Giro vita a rischio: > 0.94

–       Rapporto tra Colesterolo totale – HDL a rischio: > 5.9

–       Livello di emoglobina glicosilata totale a rischio: > 7.1%

–       Livello di cortisolo urinario a rischio: > 25.7 mg/g creatinina

–       Livello di epinefrina urinario a rischio: > 5 mg/g creatinina

–       Livello di norepinefrina urinario a rischio: > 48 mg/g creatinina

 

Indici fisiologici bassi che rappresentano fattori di rischio, causati da un Sovraccarico Allostatico:

–       livello di colesterolo HDL a rischio: > 1.45 mmol/L  o maggiore o uguale a 56 mg/dL

–       livello di deidroepiandrosterone (DHEA) a rischio: > 2.5 micro-molar/L o > 910 ng/mL

 

Conseguenze del Carico Allostatico:

Nella comunità scientifica internazionale, si è tutti d’accordo sul fato che, in rapporto ad un elevato carico allostatico:

–       Vi è un maggiore rischio del calo della performance fisica

–       Vi è una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari

–       vi è una maggiore incidenza di perdita della memoria

 

Condizioni Croniche ad ampio raggio causate dal Carico Allostatico

Ricerche hanno dimostrato che valori del range normale alterati, a lungo termine, di certi markers biologici (ad es. pressione sanguigna, cortisolo) portano a varie possibili condizioni e malattie croniche, non solamente fisiche, ma anche cognitive e mentali, come:

Disturbi collegati a iper o ipo-produzione di Cortisolo*:

Iper (eccesso)

Ipo (deficienza)

Sindrome di Cushing

Depressione malinconica

Diabete

Deprivazione del sonno

Anoressia nervosa

Esercizio fisico eccessivo

Malnutrizione

Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Disturbo di panico

Alcolismo cronico

Disturbi funzionali gastrointestinali

Ipertiroidismo

Depressione stagionale/atipica

 Sindrome da Fatica Cronica

  Fibromialgia

Ipotiroidismo

Astinenza da nicotina

Artrite reumatoide

Allergie

Asma

*Fonte: McEwen B with EN Lasley.2002. The End of Stress As We Know It. Joseph Henry Press: Washington, D.C

Lo squilibrio neurochimico prolungato ha conseguenze negative (patologie in casi estremi) per una normale funzione nervosa. Questo è il prezzo della risposta allostatica continua all’organismo mente/corpo.

Esempi:

  • Effetti dello stress cronico sulla memoria spaziale;
  • Sregolazione di ricompensa nelle tossicodipendenze;
  • Consolidamento della memoria affettiva durante lo stress;
  • Ecc.

 

Sovraccarico Allostatico e Patogenesi

sovraccarico allostaticoCatecolamine, glucocorticoidi e citochine rispondono tutti all’inizio della risposta allo stress, per aiutare il corpo ad adattarsi quando degli stressors attivano l’asse HPA.

Effetto a breve termine di questi mediatori è protettivo e il loro rilascio induce un processo di feedback negativo su questi sistemi. Infatti, uno stress acuto può aumentare l’immunità, mentre uno cronico reprime la risposta immunitaria (Carrasco e Van de Kar, 2003).

Tuttavia, un rilascio continuato di questi mediatori risultano in effetti prolungati sulle cellule bersaglio, e questo può portare a una desensibilizzazione del recettore, danni tissutali (McEwen, 2003) e soppressione o ipofunzione delle risposte immunitarie (McEwen e Wingfield, 2002).

Il rilascio cronico di ormoni sotto uno stress eccessivo o di lunga durata comporta un carico allostatico cumulativo nel corpo (detto anche costo di adattamento del corpo) (McEwen, 2003). Normalmente, esiste un sistema interno di feedback per proteggere l’organismo dall’ipersecrezione, disattivando questi mediatori.

Il rilascio continuato anormale dei mediatori dello stress ha mostrato di portare a tre tipi di sovraccarico (Schulkin, 2003):

  1. Iperstimolazione da stress frequente, comportante un’eccessiva esposizione agli ormoni dello stress;
  2. Fallimento ad inibire le risposte allostatiche, quando esse non sono necessarie, od incapacità ad abituarsi agli stessi stressor, entrambe le quali risultano in un’iperesposizione agli ormoni dello stress.
  3. Incapacità di stimolare le risposte allostatiche quando necessarie, nel qual caso altri sistemi (citochine infiammatorie ecc.) diventano iperattivi e producono altri tipi di logorio.

stress cortisolo CRFIl CRF ha dimostrato aver effetti negativi, come: attivazione motoria, comportamento ansioso, anoressia, calo della libido e alterate performance cognitive (Zorrilla et al., 2002).

Il rilascio cronico di cortisolo è legato alla soppressione patologica del sistema immunitario. Similmente, l’iposecrezione dei mediatori dello stress sono anch’essi legati a condizioni patologiche come le malattie autoimmuni (Chrousos e God, 1992).

Il rilascio disfunzionale dei mediatori dello stress, sia in eccesso che in difetto, sono stati collegati a condizioni patologiche come il calo della libido (Zorrilla, 2002), demineralizzazione ossea, atrofia dell’amigdala e dell’ippocampo, obesità addominale, depressione a lungo termine, deficit di memoria, danno da radicali liberi, ipercolesterolemia e morte causata da malattie cardiocircolatorie (McEwen, 1999).

In genere, lo stress continuato e eccessivo si è dimostrato un fattore cruciale in disturbi da ansia cronica, depressione, stati di affaticamento, disturbi del sonno, comportamenti di dipendenza (da alcol, droghe ecc.), degenerazione neuronale, malattie autoimmuni e allergiche, sindrome metabolica, malattie gastrointestinali, parto prematuro (Grammatopoulos e Chrousos, 2002).

Quindi, il segno distintivo di patologie, che sembrano essere causate da un’ampia varietà di stressor, è la sregolazione dei mediatori dello stress –  specifici neurotrasmettitori e ormoni.

Tuttavia, quando sono regolate appropriatamente, queste sostanze endogene sono responsabili del proteggere l’organismo da stressor continuativi e importanti. Sono proprio queste sostanze che sono coinvolte nel meccanismo d’azione di alcuni fitoterapici adattogeni.

 

Giovanni Turchetti

 

[1] Fonte: Seeman et al., Price of adaptation-Allostatic load and its health consequence. Arch. Intern. Med. 157, 2259-2268, 1997

 

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